Sono nato a Milano nel giorno dei Patti Lateranensi cioè l ‘11 febbraio ma del 1962. I più grandi si ricordano sicuramente che in quel giorno si faceva sempre festa e ciò mi ha permesso di festeggiare, almeno per i primi 15 anni della mia vita, con una bella torta fatta in casa.
Mio padre, violinista anch’egli, mi scriveva sempre delle canzoncine e le faceva cantare agli amici invitati alla festa. Insomma, la musica era di casa e ciò ha sicuramente fatto scattare in me la scintilla per questa arte.
“Papà, mi piace anche il pianoforte, non solo il violino” gli dissi un giorno e così iniziai contemporaneamente a studiare anche quello strumento.
Dopo qualche anno, mentre passeggiavamo nelle strade attorno al Teatro alla Scala, mio padre incontrò il Direttore d’Orchestra Claudio Abbado e gli chiese quale strumento avrei dovuto scegliere tra i due.
Il Maestro, guardandomi, rispose: “Portali avanti entrambi!”.
Come non seguire il consiglio di Claudio Abbado?
Così, anni dopo, mentre suonavo nell’Orchestra della Scala, dopo averne vinto il concorso, mi preparavo anche a compiere il diploma di pianoforte da privatista al Conservatorio di Milano.
Subito dopo il diploma, vengo invitato a frequentare un importante corso estivo al Mozarteum di Salisburgo con il venerando violinista ungherese Šandor Vegh.
“Maestro ho appena compiuto il diploma in pianoforte, sono un po’ fuori allenamento col violino” esclamai. Lui, di tutta risposta, mi disse:”Bene, mettiti al pianoforte e fammi sentire...”.
In pratica il corso di violino lo “vinsi” suonando il pianoforte.
Quanti Direttori d’Orchestra, negli anni, ho avuto il privilegio di conoscere...
Il Maestro Carlo Maria Giulini fu uno dei primi a darmi la possibilità di sottoporgli le mie partiture. Ricordo che non fui pienamente soddisfatto del voto del diploma in Composizione, ne parlai con lui che mi invitò a casa sua per analizzare insieme una delle mie composizioni sinfoniche sottoposte all’esame.
Non so esattamente cosa pensasse nella sua profonda lettura: sfogliava la partitura in religioso silenzio e di tanto in tanto mi osservava.
Alla fine elogiò il lavoro con parole rincuoranti e mi congedò augurandomi il meglio in quel campo.
Tornai , tempo dopo, con la registrazione audio di uno di quei brani per potergliela far ascoltare. Lui, gentilmente, si mise le cuffie e alla fine mi disse: “Grazie, ma io l’avevo già ‘ascoltata’ quando l’ho letta la volta scorsa”.
Che persona straordinaria!
Il Direttore d’Orchestra Angelo Campori, invece, l’ho conosciuto di fronte alla ex Orchestra della Rai di Milano nel 1983.
Pensavo di poter provare col Maestro un attimo prima della prova del concerto di Strawinsky per violino ed orchestra ma lui arrivò all’ultimo momento, così ci si conobbe direttamente sul palco del Conservatorio.
Campori attaccò il concerto ad un tempo un po’ troppo tranquillo per come ero abituato ad eseguirlo e, gentilmente, chiesi se potesse staccare il tempo un po’ più scorrevole.
Accontentandomi, riattaccò l’inizio ma quasi al doppio del tempo ed io arrancai per un po’ di battute ma grazie alla sua straordinaria musicalità, mi riprese e seguì alla perfezione come se avessimo già provato, da tempo, insieme.
Riascoltando la registrazione mi rendo conto ora che mi ha salvato in un paio di situazioni complicate: un grande musicista!
Dopo sette/otto anni di Orchestra in Fila, decisi di fare il concorso per “Concertino dei primi violini”, sempre al Teatro alla Scala.
Studiai intensamente per due anni e feci per due volte la prova di idoneità.
Al Concorso si presentò un giovane talentuoso che proveniva da Napoli, un certo Francesco De Angelis.
Il concorso lo vinse lui ma altri tre di noi ebbero comunque l’idoneità.
La mia fortuna fu che il giovane talentuoso scelse di dedicare ancora un po’ del proprio tempo per seguire corsi internazionali al di fuori del Teatro e che quindi, saltuariamente, si assentasse.
Indi per cui, io stesso, ebbi l’opportunità di sostituirlo numerose volte e, nei nove anni successivi, ricoprii in diverse occasioni il posto di Concertino.
La passione di ricoprire quel ruolo, nel tempo, venne sostituita dal sempre più incalzante desiderio di studiare “Direzione d’Orchestra”, anche solo per avere un’ ulteriore possibilità di eseguire le mie musiche.
Così nel 1996 frequentai un corso con il Maestro Chung all’ Accademia Chigiana durante l’estate.
La tranquillità e il rispetto tipici dell’Oriente e che contraddistinguono questo grande Maestro, mi misero a mio agio.
Mossi i primi passi da Direttore di fronte a lui con la sensazione che fosse un collega, un amico.
Per non offendere, soleva dire che non avrebbe avuto nulla da insegnare.
Solo alla fine di una mia esecuzione dell’Adagietto della quinta sinfonia di Malher, eseguita da me con estrema “lentezza e profondità” quasi fosse un tempo grave, mi girai verso di lui che, dalla platea urlò ad alta voce:”Ci siamo addormentati tutti!”.
Scattò una gran risata tra gli allievi e l’Orchestra ed un applauso di incoraggiamento da parte sua.
Fu un’esperienza indimenticabile e simpaticissima.
Un giorno mi feci coraggio e andai nel camerino del Maestro Muti e gli dissi:”Maestro, ho deciso di non ricoprire più il ruolo di “Prima Parte” perché voglio dedicare il mio tempo allo studio della Direzione d’Orchestra “. Lui, con l’inconfondibile stile dei momenti ufficiali, cioè a denti stretti e dandomi del Lei, mi chiese:”E dove pensa di andare, ci abbandona?”.
“Non sia mai detto Maestro, mi vedrà solo un po’ più lontano, laggiù, tra un violino ed un altro”.
Così il Maestro, dopo un sorriso, con un grande incoraggiamento, mi invitò a seguire le prove con i cantanti nelle varie sue produzioni.
Un privilegio riservato a ben pochi e per il quale gli sarò eternamente grato.
Imparai moltissime cose su cosa chiedere ai cantanti, su come destreggiarsi con le parti vocali e con l’interpretazione delle opere di Verdi.
La consapevolezza di quel magico periodo rese chiaro al sottoscritto che la miglior scuola al mondo fu proprio quella della Scala stessa.
Un giorno, sempre il Maestro che era tranquillamente seduto in platea attorniato da un piccolo stuolo di “discepoli”, parlava del più e del meno ma ovviamente sempre di musica. Lui si infastidiva ogni qualvolta un assistente di palcoscenico riportava alcune istruzioni adducendo che “il maestro della banda” o “il maestro delle luci” abbisognava di qualcosa.
Così, Muti si spazientiva con tutti questi “maestri” e diceva: “Per essere un Maestro occorre essere diplomati in pianoforte” (e mi guardava), “Conoscere bene gli archi altrimenti come interpreti un fraseggio se non hai mai suonato un violino?” (e mi guardava), “Poi occorre essere compositori altrimenti come è possibile analizzare le partiture?” ( e mi guardava ancora).
A questo punto mi sentii preso in causa e gli chiesi: “Allora come mai non sono ancora Direttore d’Orchestra?” Scoppiammo a ridere entrambi.
Tempo dopo, iniziai a dirigere l’Orchestra dell’Accademia della Scala e lì proseguii per ben 5 anni.
Così ebbe inizio il mio viaggio come Direttore ...
Venne poi l’opportunità di conoscere personalmente un musicista estremamente interessante: colto, capace, compositore, poliglotta con una cultura tedesca profondissima, medico, archeologo, egittologo, scrittore...insomma quel tipo di artista a ”tutto tondo”: Giuseppe Sinopoli.
Nacque una amicizia tra di noi e lui stesso mi regalò una grande opportunità: dirigere per la prima volta l’orchestra della Simon Bolivar di Caracas, creata da un certo signor Jose Antonio Abreu, un musicista, attivista, politico, educatore e accademico venezuelano, fondatore di El Sistema, allora ancora poco conosciuto.
Abreu mi venne incontro appena arrivato all’aeroporto e mi portò con entusiasmo a conoscere questa Orchestra giovanile.
Ero emozionato di fronte a questi ragazzi con tanta capacità e talento tutti insieme.
Eseguirono la nona sinfonia di Beethoven solo per me, che onore!
Dirigeva un giovane con grandi qualità ed entusiasmo, con tanti riccioli e la tipica fisionomia latina: il suo nome era Gustavo Dudamel.
Ero convinto che un ragazzo così dinamico e curioso avrebbe avuto più di una possibilità di successo e così fu.
Passano altri anni e capita, in Teatro, di attendere la presenza dello stravagante Maestro russo Valery Gergiev.
È risaputo che lo stesso é sempre richiesto in tutto il mondo ma, in quell’occasione, la sua presenza in Scala arrivò 15 giorni dopo il previsto.
Fui felicissimo di accettare l’incarico di seguire le prime prove e di studiare tutta l’opera (Turandot) per giorni e giorni con artisti importanti come, ad esempio, la cantante Maria Guleghina e con il Coro e l’Orchestra della Scala.
All’arrivo, il Maestro, salutandomi, mi chiese se avessi la partitura di Turandot .
Gli passai la mia, tutta piena di segni e annotazioni personali stile libro di architettura di uno studente d’Università.
Iniziò la prova e l’Orchestra, improvvisamente, modificò in maniera lampante la qualità del suono, un suono che mai prima di quel momento, per quella produzione, si era mai sentito.
Incredibile il fascino e la capacità di questo Artista.
Un’esperienza vissuta in primo piano che rimarrà sempre nel mio cuore.
Qualche giorno dopo giunse una telefonata:” Buongiorno Alessandro, il Direttore d’Orchestra del balletto non sta bene ed oggi c’è la prima lettura.
Conosci la partitura di Jewels? Proverai tu, nel pomeriggio, con l’Orchestra.”
Conoscevo bene questo balletto ma non la partitura in sè. Ciò nonostante, con qualche ora a disposizione, riuscii ad averne l’idea per farne la prima lettura.
Da allora iniziò la collaborazione col “Corpo di ballo” della Scala.
Vi furono molte tournée (Brasile, Polonia, Russia..) e nacquero in seguito opportunità con altre importanti realtà di danza Nazionali ed Internazionali.
Che dire arrivato a questo punto della mia vita?
Sono un Direttore d’Orchestra sì e sono Violinista di uno dei Teatri piu’ belli del mondo.
Mi ritengo estremamente fortunato ad aver vissuto le mille esperienze e i successi che il mio lavoro mi ha donato da sempre.
Grazie musica...grazie Teatro alla Scala.